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FILLING THE DOTS OF THE FINANCIAL NARRATIVE

In the 80-90s last century, while in the field designing/managing/evaluating development projects credit oriented on behalf of donors/governments/funding agencies in twenty-six Countries, we weren’t alone thinking that both the methodology and the practice were unsuitable. However, it wasn’t possible to elaborate new credit models because of the lack of countries’ institutional and organisation framework.

Eventually, in 2010 Basel III Committee released a document on microfinance activities filling the gap: https://www.bis.org/publ/bcbs175.pdf . Since then, the central banks in the emerging economies started regulating and monitoring the uncontrolled micro credit market. Taking inspiration from the document we worked out “Designing a credit model” that CGAP rated among the first three Papers consulted document in 2011: http://www.findevgateway.org/library/suggestions-designing-microcredit-model

Then, in 2015 the WB-CGAP: https://www.cgap.org/research/publication/new-funder-guidelines-market-systems-approach-financial-inclusion phased out the old-fashioned microfinance idea and Basel III Committee released a document on financial inclusion introducing the concept of Unserved and Underserved Customers: https://www.bis.org/bcbs/publ/d351.pdf  

A further and comprehensive step has been made with the release of UN 2030 Agenda with 17 goals and related targets: https://www.un.org/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/RES/70/1&Lang=E

Learning from above sources, we published Finance Inclusion with subtitle “Give people a job, not a loan” https://www.amazon.co.uk/dp/B01ENJP37S?ref_=k4w_oembed_XABBfUDmCDeygV&tag=kpembed-20&linkCode=kpd and proposed a new approach in favour of poor people, who aren’t only those living for less the $ 2/d but also those who although integrated in the system asked a wider access to the financial resources.

The above-mentioned changes have been made for the purpose to make it possible the inclusive growth and the question is: what has been their impact? As admitted by the representatives of the Establishment and influencers, the results have been below the expectation. Why? On paper, the Stakeholders put in place a new set of rules to accomplish the Poverty Mission with sustainable interventions; however, they didn’t put into practice what they recommended to do and the consequent emerging of big contradictions between the everyday life and the narrative of the facts. 

In reality, applying the fact checking, despite the progress achieved, there are facts daily witnessed in the streets of the big cities, which are occupied by an increasing number of homeless and beggars; not to mention the situations in the developing regions experiencing massive migrations and an ever-increasing inequality among people. In a few words, the reality proved that something hasn’t worked in the desirable direction in the financial capitalism based on ambiguities: “I see many, many low-income countries and emerging-market economies spend millions of dollars commissioning consultants to build their strategic plan. I would recommend some saving be made by taking the 17 principles, the actionable items, and start with that:” taken from a talk of Mrs Christine Lagarde, former MD of IMF and now President of the ECB. If they said that, we must believe them. Besides, the financial narrative didn’t report the real situation, being homologated to the Establishment’s benchmarks.

As a further step, we analysed the situation filling the dots of the financial narrative referring the theory of change, being the suitable methodology in the current changing times. Concisely, we found out the following: (1) The dominant role of the finance in the economy, (2) The Development Actors’ approach hasn’t been in tune with the requested changes. With reference to the point (1), the financialization of the economy produced virtual affluence instead of real wealth. The explanation of the point 2) is more articulated: – the Stakeholders didn’t pave the way to achieve what they recommended, and this has been evident with microfinance and financial inclusion; – other Development Actors (representatives of communities, entrepreneurs, capitalists) should have had a word to say to make it really happen an equitable inclusive growth. Then, we concluded that in a more comprehensive picture, the success of SDGs shall be function of the concerned Stakeholders’ capability/willingness to accept the inclusive growth’s challenge.

In this understanding, the matter isn’t to change the rules of the finance game, but the approach to deal with investment financing.

FINANCE BOUTIQUE has elaborated on above points and didn’t change anything but (A) improved the methodological approach proposed by the Establishment accompanied by (B) practical actions to the field taking from the programmes implemented by the World Bank-IFC in the MENA Countries. On the matter we addressed a letter to African Capitalists: https://ascaniograziosi.net/2020/10/08/letter-to-african-capitalists/ .

IL PROFESSIONISTA ASETTICO

La storia è nel divenire, ciò non toglie che è possibile fare alcune considerazioni sulla crisi politica ponendoci alcune quesiti preliminari: vivere all’estero può anche favorire un’analisi distaccata dalla situazione. Certamente ci sono argomentazioni articolate e complesse sulla doppia crisi in corso, pandemica ed economica, sui cui pare primeggiare la mancanza di una proposta programmatica per avviare a soluzione i problemi del Paese.

La pandemia, tra le molte contraddizioni, ha fatto emergere il paradosso che i professionisti non debbano occuparsi di politica, come fossero persone fuori dall’ambiente in cui vivono. Questo modo di pensare è figlio degli anni in cui cambiavamo governo a cadenza annuale, nonostante il partito dominante avesse la maggioranza in parlamento e nel paese. Negli anni Settanta-ottanta l’economia girava, male, ma producevamo e vendevamo soprattutto all’estero.

In quel periodo ero a Milano in banca (Cariplo) e un amico impiegato in un comune brianzolo – il riferimento è casuale – mi diceva che l’ammontare del reddito dichiarato degli imprenditori del posto era inferiore al suo stipendio. Era il tempo in cui imprenditori e professionisti, potevano anche disinteressarsi di quello che succedeva a Roma: il PIL cresceva anche se gonfiato dall’inflazione. Ed è infatti negli anni Ottanta che inizia la crescita esponenziale del debito pubblico.

Oggigiorno, l’economia non gira più, non solo in casa nostra, ma ovunque e gli affari languono. Anche nella consulenza. In proposito, notiamo un paradosso a motivo che la ripartenza va programmata sulla base di decisioni informate e certamente il professionista può arrecare un contributo importante.

Noi pensiamo che, necessariamente, anche coloro che si ritenevano immuni dalla contaminazione politica, devono fare i conti con la realtà e prendere posizione per uscire dal dilemma: morire infettati o inetti? Ovviamente dobbiamo sopravvivere e possibilmente vivere meglio. Perché ciò avvenga è necessario che la gestione della cosa pubblica sia condotta da Politici che abbiano visione, obiettivi e capacità di realizzazione. Noi abbiamo notato la politica fatta da attori di Trono di Spade e non da Delegati a gestire il bene comune. Quelli che hanno la maggioranza parlamentare sono rimasti agli slogan e non possiamo certo dare la responsabilità all’avvocato che li rappresenta in quanto, per definizione, non rientra nel suo ruolo di difensore. Non è la sola contraddizione. Alla rappresentanza parlamentare meno numerosa sembra sia stato demandato (si sono auto incaricati?) il compito di opporsi alla deriva dell’inconsistenza la cui massima espressione è data dall’assenza di politica estera. La parte che li sostiene dice che, se il caso, si alleerà con gli inconsistenti ….  Nel frattempo, il Paese è in vendita e produce solo marchi, etichette e griffe. Possiamo continuare a disinteressarci della politica?

Nei vari contributi sui programmi di ricostruzione non abbiamo trovato riferimenti concreti al modello di finanziamento dei medesimi, come se la finanza fosse una costante dell’equazione finanziamento; al contrario, cambiare i processi produttivi e non cambiare il modo di finanziare non ha senso.

Qualunque sia l’entità delle risorse che in vario modo saranno disponibili, il problema che si pone è come utilizzarle: le modalità, le finalità e la complementarità dell’uso faranno la differenza. In altre occasioni abbiamo scritto che finanziare gli investimenti con la BEI è ben diverso che distribuire risorse con la procedura BCE (Modalità); più attenzione va data all’economia reale per rispondere alla domanda delle comunità locali con interventi sostenibili che creano occupazione e promuovono opportunità (Finalità); gli investimenti a livello macro devono creare un ambiante ricettivo e favorevole alla microeconomia (Complementarità).

In sintesi, l’avvio a soluzione del problema ripartenza, a nostro parere, esclude il cambiamento delle regole del gioco introdotte dall’Establishment (Agenda ONU, Banca Mondiale-CGAP e altri grandi Attori) tra fine 2015 e inizio 2016.

Il quadro di riferimento europeo e internazionale essendo noto, il comportamento dei giocatori in campo farà la differenza.

In questo contesto abbiamo pensato di contribuire proponendo un modello di finanziamento della crescita passando dall’ECONOMIA BASATA SUL CREDITO ALL’ECONOMIA BASATA SULLE COMUNITÀ. Il modello è stato proposto la prima volta cinque anni fa con la pubblicazione: “FINANCIAL INCLUSION, il cui sottotitolo: “Give people a job not a loan”, per significare che con un reddito il consumatore è libero di chiedere/non chiedere un prestito in piena autonomia perché è giustificato da un piano di pagamenti; inoltre, mira alla diminuzione del ruolo dominante della finanziarizzazione dell’economia che ha prodotto affluenza virtuale e non vera ricchezza.

Cosa significa Economia basata sulle Comunità? Di seguito alcuni punti:

1. Ridisegnare l’intera architettura a favore della povertà e delle piccole imprese e spostare il paradigma degli interventi finanziari dall’economia indebitata all’economia reale e sostenibile attraverso la creazione di posti di lavoro e promozione delle opportunità.

2. Coinvolgere realmente gli investitori privati ​​nel processo di sviluppo sia con la partecipazione al processo decisionale (Board Rooms delle agenzie di sviluppo), sia con l’istituzione di fondi di sviluppo regionali gestiti dai privati, non necessariamente con l’apporto pubblico del seed capital.

3. Utilizzare la leva finanziaria per interventi sostenibili con una revisione del processo decisionale e ripristinare i criteri della concessione del credito, riduzione della finanziarizzazione che ha prodotto affluenza virtuale e non vera ricchezza.

4. La digitalizzazione dei servizi finanziari va fatta con un prodotto sostenibile per il Provider, accettabile dal Consumatore e con prezzo trasparente. Poveri non sono soltanto gli indigenti, ma anche coloro che pur inclusi nei circuiti finanziari necessitano di un più ampio accesso alle fonti di finanziamento.

5. Coniugare insieme tre obiettivi principali dell’agenda 2030 ONU, vale a dire obiettivo 1 (fine della povertà), obiettivo 8 (promuovere la crescita inclusiva e sostenibile) e obiettivo 17 (partnership). Il modello è stato descritto in altri Blogs.

Non trattasi di una proposta Keynesiana perché il settore privato dell’economia è chiamato a svolgere un ruolo cruciale unitamente al comportamento responsabile degli operatori. Non è più accettabile che il valore delle liquidità fluttuanti in cerca di offshore sia dieci volte superiore al PIL prodotto da 188 paesi: anche una piccola percentuale di $ 80,7 trilioni (fonte Banca Mondiale) potrebbe fare la differenza se investiti nell’economia reale. È stato anche stimato che nei passati dieci anni US $ 3 trilioni sono stati reinvestiti in attività finanziarie; in altre parole, è stato massimizzato il valore di mercato delle azioni detenute dai vari stakeholders.

Quanto sopra sono soltanto due delle oltre venti contraddizioni dell’economia finanziaria che abbiamo elencato in precedenti occasioni: THE THEORY OF CHANGE APPLIED TO FINANCE FOR DEVELOPMENT http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1252660/the-theory-of-change-applied-to-finance-for-development_1268103

LETTRE AUX CAPITALISTES AFRICAINES

Bonjour,

Tout d’abord, permettez-nous une toute petite présentation. Nous avons quelques heures de vol sur le dos et ici nous voudrions restituer ce que nous avons appris sur le terrain dans seize Pays du Continent sur vingt-six dans le monde. Nous pourrions également mentionner l’éloge écrit signé par le Premier Ministre de la Somalie pendant la collaboration avec la Banque Centrale – avant le régime Barre – et une lettre de référence émise par la Banque de Développement Agricole – Guinée Conakry – à la fin de la mission l’ONU / FAO, 1995. Récemment, entre outre, nous aimerons mentionner le Partenariat avec IV mirant l’assistance aux entrepreneurs Africaines [1].

Il est bien connu qu’on parle du développement du Continent surtout depuis la déclaration du président Obama de prévoir un budget de 2,5 milliards de dollars pour le « Programme Power Africa Initiative », lors du voyage au continent en 2013. En 2014 le banquier Elumelu[2] a proposé l’Africapitalisme pour promouvoir l’esprit d’entreprise africain.

Ici nous voudrions partager quelques réflexions sur les Programmes de relance après Coronavirus pour repenser ensemble le comportement de tous et chacun, en premier lieux ceux qui ont le privilège d’une position important dans les Communautés.

D’après la Banque Mondiale “African investors remain risk-averse” and …. the funding requests lack speaking the language required for investment” [3] La situation est bien connue aux entrepreneurs africains et nous pensons que quelque chose doit être faite, à moins qu’on décide de garder le statu quo.

Entretemps les Afro/américaines ont montré la route [4]. L’argent ne manque pas ; alors quoi faire pour faire face à l’aversion au risque des capitalistes ?

Les raisons du comportement des capitalistes africains méritent attention et peut-être les sociologues pourraient fournir des explications. En dehors de la sociologie, à notre avis, il y a des goulots d’étranglement au niveau de la méthodologie et de la pratique des affaires, dont nous avons déjà parlé.

Nous disons que dans la mesure où ce qu’a été dit par la Banque Mondiale est réel, la meilleure façon pour faire face à la situation est de donner la chance aux capitalistes comme nous expliquons ci-dessous. Toutefois la question est double, car il ne s’agit pas seulement d’impliquer davantage les capitalistes dans le processus de développement, mais aussi de les aider à repositionner la stratégie à la lumière de l’évolution des conditions de marché : ce que nous avons fait, tout en concluant les options ci-dessous [5].

Nous avons élaboré deux options : Option 1 : Associer les capitalistes dans un schéma de développement des Agences internationales ; Option 2 : Fournir le capital d’amorçage pour la mise en place d’un Fonds National dans chaque Pays.

Option 1 – Les capitalistes nationaux participent aux programmes de développement

Notre proposition vise à remodeler le processus de la prise de décision en donnant la chance aux capitalistes nationaux et les accepter dans les Salles de Conseil en tant que Parties Prenantes qui s’engagent à soutenir les économies de leur propre pays/région. En d’autres mots, faire participer les capitalistes privés à la prise de décision, l’apprentissage par la pratique étant la manière appropriée pour diffuser le langage requis pour les investissements.

Un exemple pratique peut être fourni tout en référent au Programme de la International Finance Corporation (IFC) dans les pays Mena. L’IFC pourrait mettre en place un Fonds Risques dans chaque des vingt pays Mena s’étendant de l’Iran au Marocen utilisant même une petite tranche du budget de 2 milliards de dollars comme capital d’amorçage et en associant les capitalistes nationaux en tant qu’actionnaires vraiment déterminés à financer à la fois le démarrage (Start-up) et la croissance des entreprises (Growth-up), qui sont l’épine dorsale des économies des pays.

Dans ces conditions, une institution de financement du développement comme IFC ou même la BAD pourront jouer le rôle de conseiller, leur présence étant aussi une garantie de l’opération.

À notre avis, l’option ci-dessus demande du temps pour être remplie, en considération du fait que partager la décision signifie négocier le pouvoir et donc il n‘est pas simple; enfin, il est à dire que le but ultime des financiers à tous les niveaux – de la Banque Mondiale, FMI, jusqu’à le petit banquier – n’est pas seulement de tirer un profit, mais d’influencer le budget des débiteurs et donc interférer dans leurs choix (voir institutions nationales et internationale).

Option 2 – Les capitalistes nationaux créent leur propre Fonds Risques

C’est donc aux capitalistes Africains de prendre en charge l’avenir de leurs communautés avec la création d’un Fonds National. Cela veut dire :

  1. Changer l’algorithme du financement du développement avec des interventions financières soutenables.
  2. Avoir des investisseurs privés vraiment engagés dans le processus de développement
  3. Fournir un service soutenable, accessible pour la Clientèle et avec un prix transparent. Voici quelques fonctionnalités et caractéristiques du Fonds :
  4. À notre connaissance, il s’agit du premier Fonds Risques explicitement conçu dans le cadre du Programme des NU-Agenda 2030  (Vision & Objectifs 1, 8, 17), toute en tenant compte des directives du Comité Bâle III avec Kampala Principes.
  5. Le Fonds proposé a été dessiné sur la base d’une une méthodologie et il est à considérer comme une nouvelle approche remplaçant l’Économie-Basée sur le Crédit par l’Économie-Basée sur les Communautés.
  6. Il ne s’agit pas seulement de financement mais bien plus encore: il s’agit d’une approche en même temps traditionnelle et novatrice au marché.
  7. Le Fonds aura un double objectif: fournir des ressources aux Entrepreneurs et une assistance aux Prêteurs des fonds (Banques, IMF : tous confrontés à trois grands défis: Sous-capitalisation, Digitalisation et Gestion[6].
  8. Les liens entre le Fonds et les intermédiaires financiers (IMF, banques, agences de financement, etc.) seront établis pays par pays, en fonction des situations des marchés.
  9. Nous avons testé la viabilité et validité du Modèle via une étude de faisabilité [7] et même sur le terrain.
  10. Il aura un impact positif sur le marché financier en réduisant le coût de l’emprunt.
  11. Sur la base des activités de prêt actuelles sur le continent, le Fonds peut garantir, au moins, un retour sur investissement supérieur à 3%; en outre, il existe un retour d’image pour les investisseurs agissant en tant qu’Acteurs du Développement.
  12. Le cadre institutionnel a été élaboré toute ensemble avec un calendrier provisoire, qui seront approfondit lors d’une réunion de synthèse à haut niveau.
  13. Le capital d’amorçage demandé ainsi que les formalités légales du Fonds seront discutés avec un groupe restreint de fondateurs: sociétés d’investissement, entreprises, investisseurs privés, donateurs, institutions financières ; dans cette occasion sera aussi examiné la question des pays pour le lancement du Programme.

Toute en référant à notre expérience directe dans le domaine[8], nous sommes disponibles à fournir toutes informations supplémentaires (ascaniograziosi@gmail.com) sur le montage du Fonds, sans aucun engagement.

Le Fonds fera l’historique de la promotion de la croissance inclusive des Pays le lendemain de la Pandémie tout en marquant un nouveau départ pour permettre aux Communautés et à vous-même d’avoir confiance dans le futur.

Bien à vous.


[1] https://www.linkedin.com/pulse/accelerators-help-change-business-landscape-africa-alaa-badran-icvs/?trackingId

[2] https://www.linkedin.com/pulse/africapitalism-creating-shared-value-community-based-economy-ascanio/

[3] https://ascaniograziosi.net/2018/05/28/the-digital-economy-in-africa-could-be-a-gamble-because-investments-matter/

[4] https://www.cfr.org/blog/africa-remains-untapped-market-booming-black-businesses-america

[5] THE THEORY OF CHANGE APPLIED TO FINANCE FOR DEVELOPMENT http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1252660/the-theory-of-change-applied-to-finance-for-development_1268103

[6] https://ascaniograziosi.net/2017/01/23/thre-big-challenges-for-microfinance-market-in-africa-undercapitalisation-digitalisation-and-management/https://ascaniograziosi.net/2017/03/21/restructuring-micro-financial-sector-the-next-frontier/

[7] The Gateway to Africa Inclusive Growth – JAMBO FUND” 

https://www.morebooks.de/store/gb/book/the-gateway-to-africa-inclusive-growth-jambo-fund/isbn/978-620-2-28375-5

[8] Tunisie, Bosnie, St. Lucia, Romanie, Mali, Albanie, Antilles Hollandaises, Malawi, Algérie, Maroc, Ghana et Fédération Russie. En plus : https://www.linkedin.com/pulse/accelerators-help-change-business-landscape-africa-alaa-badran-icvs/?trackingId=

LETTER TO AFRICAN CAPITALISTS

Let us introduce ourselves. We are sending the letter taking from our extensive field experience in sixteen African Countries – out of twenty-six worldwide. We could also mention a written eulogium granted by the Prime Minister of Somalia while with the Central Bank – before Barre Regime – and a reference letter issued by the Agricultural Development Bank (Guinea Conakry) at the end of the mission on behalf of UN/FAO in 1995. Recently, we can mention the partnership with International Valuators ((IV) aimed at assisting African entrepreneurs [1]. The French version is https://www.linkedin.com/feed/update/urn:li:ugcPost:6718969395927904256 /

As you know, Africa’s development has been making the headlines, again, since President Obama’s declaration to budget $ 2.5 billion Programme Power Africa Initiative, while visiting the Continent in 2013. In 2014 and in line with the above, T. Elumelu [2] proposed Africapitalism’s idea to promote African entrepreneurial spirit.

Meanwhile, African/Americans have been showing the way to do business[3].

Currently, the headlines are made by the Recovery Programmes after Covid-19, which could be an opportunity to rethink everyone’s behavior, first and foremost those who have the privilege of an important position within the Communities.

The demographic trend is the basic data to look at, to catch the development’s challenges. According to UN, Africa’s population will blow up and the unemployment rate among youngsters will continue to be alarming: the current 1.2 billion population shall double by the year 2050; that’s an expected growth of 42 million people every year. The importance and the implications of the above data don’t need to be emphasized.

The recent analyses of the economic trend aren’t encouraging and, in particular, it has been said that African investors remain risk-averse” and …. the funding requests lack “speaking the language required for investment”[4]. The reasons behind African investors should deserve attention and maybe the sociologists could help and provide us with a comprehensive explanation. So, what to do?

In our view, there are some bottlenecks in both the methodology and the business practice, which we have already investigated. Whatsoever the case, the matter is twofold because it is not only a question of involving the capitalists in the development process, but also helping them to reposition their strategy in the light of changing market conditions. In a nutshell. The money is not lacking; so what to do about the risk aversion? Only a new analysis can sort out the impasse: we did it [5].

We have elaborated two Options: (A) Associate the Capitalists in the strategic decisions within the development schemes, (B) Provide Capitalists & Entrepreneurs & Investors with the seed capital to establish their own FUND.

OPTION A – National capitalists join development programs.

We do say that the best way to face the risk-averse behavior is to take the financiers on board, learning by doing is the appropriate way to disseminate the language required for the investments. Finally, having the national development actors take in their own hands the future of their communities is for itself an innovative approach.

Our proposal aims at reshaping the decision-making process by giving a chance to national investors and accepting them in the Board Rooms as Stakeholders committed to supporting the economies of their own country/region.

A practical example can be provided with reference to the program of the International Finance Corporation (IFC) in MENA countries. IFC could set up a Risk Fund in each of the twenty MENA countries stretching from Iran to Morocco using even a small slice of the $ 2 billion budget as seed capital and calling on national capitalists to act as shareholders who are truly committed to financing both start-up and growth of companies, which are the backbone of countries’ economies.

Under these conditions, IFC and any development agency along with the ADB could play the role of facilitator and advisor, their presence also being a guarantee of the operation.

However, the above option takes time to be fielded, considering that sharing the decision means sharing power. On the matter, it should be considered that the ultimate goal of financiers at all levels – from the World Bank, the IMF, to the bank around the corner – is not only to make a profit but to influence the budget of the debtors and therefore interfere in their choices (see national and international institutions).

Option B – National capitalists set up their own Risk Fund

Consequently, it is up to African capitalists to take on the charge of the future of their communities and to establish a National Fund for creating jobs and promoting opportunities, which can help to minimize the migration of unemployed youth to Europe. This does mean:

  1. To shift the paradigm of the financial interventions from the over-indebted economy at a micro and macro level to real people empowerment.
  2. To have private investors really involved in the development process
  3. To use the financial leverage for sustainable interventions.
  4. To digitalize the services with a sustainable and price-transparent product: [6].

Here are some of the Fund’s features and characteristics:

• To our knowledge, this is the first Risk Fund explicitly designed within the framework of the UN-Agenda 2030 (Vision & Objectives 1, 8, 17), while taking into account the guidelines of the Basel III Committee on financial inclusion together with Kampala Principles.

• It has been designed on the basis of a methodology with a new approach replacing the Credit-Based Economy with the Community-Based Economy. As a result, we have developed a conceptual framework to promote growth through the business approach.

• It is not just financing but much more: it is both a traditional and an innovative approach to the market.

• It will have a dual objective: to provide Entrepreneurs and Lenders with both resources and assistance: Banks, MFIs, are all facing three major challenges: Under-capitalization, Digitalization, and Management.

• Links between the Fund and financial intermediaries shall be established country by country, depending on the market situation.

• We have tested the viability and validity of the Model and in this understanding, specific requests will be considered.

• It will have a positive impact on the financial market by reducing the high cost of borrowing.

• Based on current lending activities on the continent, the Fund can guarantee, at least, a ROI greater than 3%; in addition, there is the image return for investors acting as Development Actors.

• The institutional and organizational framework has been developed together with a provisional timetable, which will be further developed during round-up meetings.

• The requested seed capital, as well as the legal entity of the Fund, will be discussed with a small group of founders: investment companies, private investors, donors, and financial institutions; on this occasion, the number and the countries where to launch of the Program will be examined.

We are available to provide any additional information on the setting up of the Fund [7], upon request, without any commitment.

The Fund will make history of promoting inclusive growth in African countries, the day after the Pandemic. This step will open a new beginning to allow the Communities and you to have confidence in the future.


[1] https://www.linkedin.com/pulse/accelerators-help-change-business-landscape-africa-alaa-badran-icvs/?trackingId

[2] https://www.linkedin.com/pulse/africapitalism-creating-shared-value-community-based-economy-ascanio/

[3] https://www.cfr.org/blog/africa-remains-untapped-market-booming-black-businesses-america

[4] https://ascaniograziosi.net/2018/05/28/the-digital-economy-in-africa-could-be-a-gamble-because-investments-matter/ 

[5] THE THEORY OF CHANGE APPLIED TO FINANCE FOR DEVELOPMENT http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1252660/the-theory-of-change-applied-to-finance-for-development_1268103

[6] https://www.linkedin.com/pulse/open-letter-fintech-ascanio-graziosi/.

[7] In the following Countries, we have designed, managed, and evaluated risk funds, revolving funds, and guarantee funds: Tunisia, Bosnia, Caribbean, Romania, Mali, Albania, Netherlands Antilles, Malawi, Algeria, Morocco Ghana, and Russia Federation.

https://www.linkedin.com/pulse/accelerators-help-change-business-landscape-africa-alaa-badran-icvs/?trackingId=

UNO SGUARDO DAL PONTE/2

Continuiamo la conversazione iniziata lo scorso agosto: https://ascaniograziosi.net/2020/08/03/il-messaggio-del-ponte-di-genova/. Oltre il mare, sappiamo che c’è la sponda africana: un Continente che offre opportunità d’investimento di cui ci occuperemo prossimamente con una Lettera ai Capitalisti Africani.

We continue the conversation started last August. Beyond the sea there is the African shore, a Continent full of investment’s opportunity. Over the past four decades we accomplished missions in some sixteen Countries both Anglophone and Francophone Regions, having been resident in four of them. This provided us with a privileged first-hand information, which we decided to complete by focusing on the investment opportunity, which will be the subject of a forthcoming Letter to African Capitalists.

https://ascaniograziosi.net/2019/05/20/back-to-africa-for-partnerships-joint-ventures-and-more/

Nous continuons la conversation entamée en août dernier. Au-delà de la mer il y a la rive africaine, un Continent riche d’opportunités d’investissement. Il existe une demande énorme de la part des citoyens qui supplient des meilleures conditions de vie et des professionnels et entrepreneurs ayant besoin de capitaux pour démarrer des activités nouvelles et pour la croissance des entreprises existantes ; toutefois, on est en présence de l’aversion au risque des capitalistes africaines, qui sera l’objet de la prochaine Lettre aux Capitalistes Africaines. https://ascaniograziosi.net/2020/05/10/apres-corona-virus-une-opportunite-pour-lafrique/

IL MESSAGGIO DEL PONTE DI GENOVA

Questo pomeriggio abbiamo visto in diretta da Londra l’inaugurazione del “Ponte”.

E’ dal tempo dei Romani che costruiamo ponti in Italia e nel mondo. Il Ponte inaugurato a Genova è emblematico della situazione paradossale del Paese. Ci ricorda il ponte costruito il secolo scorso come emblema della ricostruzione post-bellica, poi divenuto l’immagine del degrado del Paese che non ha voluto continuare nell’opera di consolidamento dell’acquisito.

Il giornale NY Times dice che l’Italia è il Paese che ha saputo fare meglio degli USA nella gestione della Pandemia … .  e da noi i mediocri si tolgono spavaldamente la mascherina.

Oggi l’inaugurazione del Ponte S. Giorgio costruito con tempistica impensabile e con stile tutto italiano ritorna ad essere l’immagine di quello che potremmo fare quando diamo spazio alle eccellenze e abbandoniamo le mediocrità. È un ritorno al passato che ci proietta nel futuro nella misura in cui saremmo capaci di ricostruire il tessuto economico-sociale.

È paradossale che in periodi di turbolenza non venga utilizzata la teoria del cambiamento per capire i mutamenti intervenuti. Noi lo abbiamo fatto con una ricerca pubblicata la vigilia dello scoppio della Pandemia e che torna attuale nell’attuale fase di ricostruzione. A volte succede! Anche se in questo caso la circostanza non è casuale perché la ricerca è sta condotta per investigare i paradossi dell’economia finanziaria. Gli esclusi e gli stessi inclusi nei circuiti finanziari non accettano la condizione di esclusione e d’insoddisfazione , i primi non più disposti all’emarginazione, i secondi (professionisti, imprenditori, lavoratori e tutti quelli della catena produttiva.) portatori di una domanda insoddisfatta, chiedono una riflessione sugli errori del passato, prendendo a prestito le parole pronunciate recentemente dal Presidente Mattarella.

Un primo passo dovrebbe essere fatto dai Media con una valutazione dell’impatto dei cambiamenti per mezzo della narrativa finanziaria neutrale e non omologata agli standard dell’Establishment.

Certamente bisogna riscrivere la narrazione finanziaria per misurare l’effettivo impatto dei cambiamenti introdotti nei passati quattro decenni in cui il potere dominante della finanza è culminato nella financializzazione dell’economia che ha prodotto affluenza virtuale invece di ricchezza reale.

Nell’assenza di una valutazione neutrale dell’impatto, le proposte presentate per il Post-Coronavirus hanno assunto la situazione prima della crisi sanitaria come tipica e accettabile, circostanza che non risponde alla realtà dei fatti.

Nella programmazione del dopo Covid-19 dovrebbe essere assunto che la crisi pandemica è esplosa nel mezzo della crisi del capitalismo finanziario. Pertanto, senza affrontare il problema del fallimento di quest’ultimo, non potrà essere data una risposta che sia all’altezza della situazione.

La Figura riprodotta visualizza il trend economico-finanziario narrato. Risulta che l’impatto dei cambiamenti non è stato quello atteso, circostanza che dovrebbe far ripensare l’algoritmo finanziario e progettare nuovi fondamentali della finanza per lo sviluppo. La teoria del cambiamento potrebbe essere di aiuto a interpretare la situazione attuale e per stimare ex-ante il probabile impatto degli interventi programmati. Questo metodo di lavoro richiede la reinterpretazione dello stato in essere, ma non ci risulta sia stato utilizzato nelle proposte sul dopo Coronavirus.

Fonte: THE THEORY OF CHANGE APPLIED TO FINANCE FOR DEVELOPMENT http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1252660/the-theory-of-change-applied-to-finance-for-development_1268103

In sostanza, i grandi Attori della Finanza dovrebbero rivedere il comportamento nell’uso della leva finanziaria. La sfida è difficile, ma non impossibile.

Dopo COVID-19: RICOSTRUIRE NON RIPARTIRE

Finalmente si è messa in moto una logica su cosa fare dopo Corona Virus, che esula dagli schemi abituali e che inevitabilmente dovrà prendere in considerazione la Ricostruzione e non la Ripartenza perché non si può costruire su fondamentali che non hanno retto. In precedenza, abbiamo commentato le ipotesi avanzate da Alberto Q. Curzio e C. Messina, la prima lungimirante ma al momento inattuabile, la seconda, pratica, ma basata modelli già sperimentati: https://ascaniograziosi.net/2020/04/14/la-ricostruzione-italiana-vista-da-un-accademico-e-un-banchiere-unione-europea-economia-finanziaria-e-economia-reale/.

Dopo l’accademico e il banchiere, il prof. Ricolfi e l’imprenditore O. Farinetti sono tornati sull’argomento, il primo suggerendo tre punti per scongiurare la società parassita di massa https://www.huffingtonpost.it/entry/tre-mosse-per-scongiurare-la-societa-parassita-di-massa-intervista-a-luca-ricolfi_it_5ec1a4c7c5b620d1445193d8?utm_hp_ref=it-homepage, il secondo ha sostenuto la necessità di rimettersi in gioco, tuti.

Finalmente ieri è entrato in campo la Confindustria che chiede una totale rifondazione: anche in questo caso i tempi per attuare il disegno strategico richiedono tempi dipendenti dal processo decisionale pubblico, mentre la risposta deve essere per il domani e non il dopo domani.

“Snellire la burocrazia, un taglio drastico, immediato e triennale delle tasse, saldare entro 30 giorni i debiti della Pa» (L. Ricolffi).

A nostro avviso occorre la quarta gamba perché il tavolo sia in equilibrio: il settore privato prende l’iniziativa e si fa carico di finanziare progetti sostenibili a livello locale, che sono la spina dorsale dell’economia del Paese. Come? Nel Blog a commento delle proposte dell’accademico e del banchiere, il 14 aprile scorso abbiamo proposto quanto segue: Cosa si può fare in concreto nella Fase 2 con le liquidità disponibili a livello europeo e domestico?

Anzitutto, L’opportunità del dopo Covid-19 va considerata in termini di crescita sostenibile e trasformazione dell’economia. La sfida è enorme in quanto si tratta non solo di aiutare chi non ha, ma anche coloro (imprenditori, commercianti e professionisti) che pur inclusi nei circuiti finanziari, hanno bisogno di un ampio accesso alle risorse per la ripresa. La questione che si pone è quindi quella di disegnare un modello di finanziamento per includere gli interventi nel quadro logico della lotta alla povertà, crescita sostenibile, partnership, sviluppo inclusivo. È estremamente importante che aspirazioni, obiettivi e interessi delle comunità locali, imprenditori e gruppi sociali, vengano inclusi nel quadro logico di riferimento: quest’approccio sarebbe la vera novità.

Le due proposte sopra citate ancorché suggestive sono impraticabili; tuttavia è possibile progettare un futuro possibile operando nel contesto istituzionale e organizzativo attuale.

L’uso finalizzato dei fondi BEI e FEI potenziati e simmetrici alla BCE come pure l’uso dei capitali depositati all’estero e rimpatriati sono due approcci condivisibili ma allo stato dei fatti sembrano esercizi intellettuali: il primo – lungimirante – non è attuabile nella compiutezza perché, , a parte le diverse posizioni dei Paesi,  l’Establishment non rinuncerebbe al predominio dell’economia finanziaria da cui ha origine il potere; il secondo – pratico – richiede visione, coraggio e capacità, che certamente non difettano, ma richiedono volontà che sembra non esserci. Smentite in argomento sono augurabili per la ricostruzione del Paese.

Qualunque sia l’entità delle risorse che in vario modo saranno disponibili, il problema che si pone è come utilizzarle: le modalitàle finalità e la complementarità dell’uso faranno la differenza, come pure la posizione del settore privato a cui dovrebbe essere dato maggiore peso.

Prendiamo l’idea dell’AD di Intesa Sanpaolo: come impiegare la liquidità dal rientro dei capitali e quella esistente che non è poca? Tra le varie opzioni potrebbe essere considerata la possibilità di dare vita in ogni Regione a un FONDO RICOSTRUZIONE gestito da privati investitori veramente impegnati a far ripartire il Paese: saranno loro a gestire le operazioni di finanziamento di nuove iniziative (start-up) e di quelle esistenti (growth-up): questa sarebbe la vera novità: capitalisti impegnati nello sviluppo delle comunità cui appartengono. Per l’incentivazione degli interventi potrebbero essere previste agevolazioni fiscali.

Le risorse europee (Mese e altri) disponibili andrebbero investite nelle infrastrutture e potenziamento dei servizi sociali, per un ambiente favorevole e ricettivo alle attività microeconomiche.  Inoltre, sarebbe opportuno includere nel processo decisionale anche altri Stakeholder – capitalisti privati, investitori, rappresentanze delle comunità locali – per meglio comprendere e rispondere alla domanda dell’economia reale, attraverso la creazione di posti di lavoro e la promozione delle opportunità.

 Nelle nuove Board Rooms dove siederanno imprenditori, capitalisti, rappresentanti delle comunità, il processo decisionale sarà arricchito e mirato a investimenti che avranno sia un ritorno sia economico sia d’immagine per avere attivato la crescita sostenibile.

In sostanza, il capitale privato dovrebbe investire nell’imprenditoria piccola e media sia nell’area start-up che growth-up.

LA FINANZA: GRANDE ASSENTE NEGLI SCENARI DELLA RICOSTRUZIONE

Negli scenari elaborati per la ricostruzione dopo il Covid19 c’è un grande assente nel disegno: la riorganizzazione della filiera finanziaria, tema che non risulta elaborato anche nell’informato articolo apparso il 12/05 su Business Insider  https://it.businessinsider.com/scenari-post-covid-tra-necessita-di-una-politica-industriale-europea-e-la-riorganizzazione-delle-catene-mondiali-del-valore/

Il fatto è sorprendente per due aspetti opposti: positivo e negativo. Il primo si riferisce all’importanza della leva finanziaria nel finanziamento delle attività produttive in quanto agisce come lubrificante del motore: se è di qualità scarsa o addirittura assente, il motore si ferma. Questa circostanza dimostra che includere l’elemento finanza nel quadro logico è nei fatti che opportunamente approfonditi mostrerebbero che la leva ha funzionato male. Ma l’approfondimento non c’é stato; perché? La risposta va trovata nell’aspetto negativo, cioè nel ricorrere della circostanza che la narrazione finanziaria è omologata agli standard della finanza, per cui le analisi sull’impatto degli interventi sono acquiescenti al potere dominante, che emana i cambiamenti e nel contempo ne interpreta l’effetto, poi giustificato in ossequio a quanto detto dalle varie fonti collegate direttamente o indirettamente all’establishment.

Il contesto internazionale. La filiera finanziaria pertanto è praticamente rappresentata da un attore unico che si avvale di Società e Enti di finanziamento per gli interventi sul terreno (esempio: Banca Mondiale e IFC). Al riguardo va notato che la componente finanziaria dell’economia ancorché importante non è una costante dell’equazione dello sviluppo, ma va modulata in riferimento ai casi.

Come è noto, l’Establishment finanziario internazionale tra fine 2015 e inizio 2016 ha introdotto nuove regole del gioco codificate nell’Agenda 2030 ONU e altri Grandi Attori; in sostanza viene affermato il valore della sostenibilità degli interventi unitamente al coinvolgimento crescente del settore privato dando rilievo alla crescita inclusiva.

È da notare però che al cambiamento delle regole non ha fatto seguito la revisione del comportamento dei giocatori, circostanza che ha determinato la dissociazione tra obiettivi e risultati: i primi desiderati ma non propriamente perseguiti; i secondi, valutati in ossequio alle dichiarazioni, degli stessi Attori tramite le varie house organ dell’establishment (Banca Mondiale-CGAP), Influencers /Executives/ Insiders, che danno l’“interpretazione autentica dell’impatto”.

Ad ogni buon conto esiste un dato di fatto: l’algoritmo del capitalismo finanziario non ha funzionato e pertanto è imprescindibile proporre un modello di sviluppo alternativo. Sicuramente, investire è importante, ma la questione fondamentale è: chi investe che cosa e in che modo? Certamente, a nostro avviso, NON con la finanziarizzazione che ha generato affluenza virtuale invece di produrre ricchezza reale.

L’opportunità del dopo Covid-19 va considerata in termini di crescita sostenibile e trasformazione dell’economia. La sfida è enorme in quanto si tratta non solo di aiutare chi non ha, ma anche coloro (imprenditori, commercianti e professionisti) che pur inclusi nei circuiti finanziari, hanno bisogno di un ampio accesso alle risorse per la ripresa. La questione che si pone è quindi quella di disegnare un modello di finanziamento per includere gli interventi nel quadro logico della lotta alla povertà, crescita sostenibile, partnership, sviluppo inclusivo.

È fondamentale che aspirazioni, obiettivi e interessi delle comunità locali, imprenditori e gruppi sociali, vengano inclusi nel quadro logico di riferimento: quest’approccio sarebbe la vera novità.

 Il disegno del modello di sviluppo richiede: – la revisione della narrativa finanziaria (vedi Figura fondo pagina) applicando una cassetta degli attrezzi aggiornata ai cambiamenti; – fare investimenti sostenibili, obiettivo insufficientemente perseguito anche per mancanza di metodo e di consistenza. ** Il primo si riferisce all’omologazione della narrativa finanziaria, unita all’inadeguatezza dello strumento per misurare lo sviluppo con scarsi indicatori qualitativi. ** Il secondo riguarda la debole determinazione a cambiare. Inoltre, il ruolo dominante della finanza si è verificato a danno della sostenibilità.

 Non occorre introdurre nuove regole del gioco, ma un comportamento appropriato dei giocatori, che continueranno la partita con le carte distribuite dall’Establishment Europeo e Internazionale, nel contesto di un modello di crescita passando dallECONOMIA BASATA SUL CREDITO ALL’ECONOMIA BASATA SULLE COLLETTIVITÀ, già proposto cinque anni e di seguito riassunto in poche righe:

  • Ridisegnare l’architettura degli interventi a favore della povertà che comprende non solo chi è emarginato, ma anche coloro che pur essendo inclusi (piccola e media imprenditoria) nei circuiti finanziari domandano un ampio accesso alle risorse;
  • Avere investitori privati realmente coinvolti nelle azioni di sviluppo sia partecipando ai processi decisionali (Board Room) sia con loro proprie iniziative (Fondo rischi);
  • Usare la leva finanziaria for progetti sostenibili;
  • Digitalizzare i servizi con prodotti sostenibili per il Fornitore, accettabili dall’Acquirente a un prezzo trasparente;
  • Coniugare insieme tre maggiori obiettivi dell’agenda ONU: Povertà, Sviluppo sostenibile, Partnership.

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Il caso Italia. Cosa si può fare in concreto nella Fase 2 con le liquidità disponibili a livello europeo e domestico? Noi pensiamo che sia possibile progettare un futuro possibile operando nel contesto istituzionale e organizzativo attuale che, peraltro, è privo di un disegno strategico.

L’uso finalizzato dei fondi BEI e FEI potenziati e simmetrici alla BCE come pure l’uso dei capitali depositati all’estero e rimpatriati ( https://ascaniograziosi.net/2020/04/14/la-ricostruzione-italiana-vista-da-un-accademico-e-un-banchiere-unione-europea-economia-finanziaria-e-economia-reale/) sono due approcci condivisibili ma allo stato dei fatti sembrano esercizi con scarsa rilevanza pratica: il primo – lungimirante – non è attuabile nella compiutezza perché, a parte le diverse posizioni dei Paesi,  l’Establishment non rinuncerebbe al predominio dell’economia finanziaria da cui ha origine il potere; il secondo anche se concreto richiede visione, coraggio e capacità, che certamente non difettano, ma richiedono volontà che sembra non esserci, al momento.

Qualunque sia l’entità delle risorse che in vario modo saranno disponibili, il problema che si pone è come utilizzarle: le modalitàle finalità e la complementarità dell’uso faranno la differenza, come pure la posizione del settore privato a cui dovrebbe essere dato maggiore peso.

Prendiamo l’idea dell’AD di IntesaSanPaolo: come impiegare la liquidità dal rientro dei capitali e quella esistente che non è poca? Tra le varie opzioni potrebbe essere considerata la possibilità di dare vita in ogni Regione a un FONDO RICOSTRUZIONE gestito da privati investitori veramente impegnati a far ripartire il Paese: saranno loro a gestire le operazioni di finanziamento di nuove iniziative (start-up) e di quelle esistenti (growth-up): questa sarebbe la vera novità: capitalisti impegnati nello sviluppo delle comunità cui appartengono. Per l’incentivazione degli interventi potrebbero essere previste agevolazioni fiscali.

Le risorse europee (Mes e altri) disponibili andrebbero investite nelle infrastrutture e potenziamento dei servizi sociali, per un ambiente favorevole e ricettivo alle attività microeconomiche.  Inoltre, sarebbe opportuno includere nel processo decisionale anche altri Stakeholder – capitalisti privati, investitori, rappresentanze delle comunità locali – per meglio comprendere e rispondere alla domanda dell’economia reale, attraverso la creazione di posti di lavoro e la promozione delle opportunità.

Nelle rinnovate Board Rooms siederanno imprenditori, capitalisti, rappresentanti delle comunità locali, il processo decisionale sarà arricchito e mirato a investimenti che avranno un ritorno sia economico sia d’immagine per avere attivato la crescita delle comunità.

Copertina (2) 2
Fonte: THE THEORY OF CHANGE APPLIED TO FINANCE FOR DEVELOPMENT
http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1252660/the-theory-of-change-applied-to-finance-for-development_1268103

 

 

 

 

 

APRÈS CORONA VIRUS: UNE OPPORTUNITÉ POUR L’AFRIQUE

1 D’après les dernières données disponibles l’Afrique ne compte que 1,4 % des cas de Covid-19 éclaté le 14 Février en Égypte et cela a été expliqué par sa faible insertion dans les réseaux internationaux et par la jeunesse de la population. Selon le bulletin quotidien diffusé par le Centre Africain de contrôle et de prévention des maladies (Africa CDC), le continent tout en concentrant le 17 % de la population mondiale, enregistrait 54 027 cas de contaminations (soit 1,4 % du total mondial) et 2 074 morts (0,7 %).

En même temps, les pays africains cherchent de limiter les dommages économiques et sociaux. Lors d’un débat en ligne organisé par la Commission Économique pour l’Afrique, les panélistes ont convenu que l’Afrique ne peut pas supporter un confinement aussi prolongé d’autant plus que 40% de la population du continent se bat pour survivre au jour le jour alors que les pénuries alimentaires s’intensifient. La CEA a estimé que le continent perd environ 2,5% de son PIB en un mois de confinement, soit 65 milliards de dollars.

Dans certains milieux la crise sanitaire a été considérée comme une opportunité pour réfléchir sur le demain, notamment comment se remettre en marche, en espérant que quelque chose changerait pour le mieux. Il a été dit que Covid-19 pourrait être l’occasion pour repenser les villes africaines.

A ce sujet un optimisme modéré s’impose car l’avenir est la projection du passé. Dans l’histoire africaine il y a eu des périodes des calamités : guerres, épidémies, tremblements de terre, inondations, etc. ; le lendemain de chaque événement, tout le monde a essayé d’appliquer les leçons apprises, mais les intentions n’ont pas été mises en pratique parce que, comme on dit, la route de l’enfer est pavée de bonnes intentions.

Cependant, il est faisable concevoir un futur possible et la question à se poser pourrait être : dans la situation courante, faut-il recommencer ou reconstruire ? Cet exercice peut être fait dans tous les secteurs économiques et la tâche n’est pas facile, en présence d’un marché presque fermé à cause de la crise soit de la demande (peu de liquidité) que de l’offre (manque de produits). Ci-après nous nous referont à la composante financière de l’économie, en raison de son l’importance.

Au cours des dernières décennies, la finance a dominé le monde de l’entreprise et cela est tout à fait compréhensible compte tenu du fait que le levier financier est important et parfois essentiel pour le développement du business.

Les Parties Prenantes de la Finance ont introduit des changements remarquables (2015-2016) pour éliminer la pauvreté sous toutes ses formes : « UN 2030 Agenda », Basel III, CGAP and CSFI Banana Skins.

Toutefois, malgré les progrès réalisés, il y a des faits quotidiennement vécus dans les rues des grandes villes, qui sont occupées par un nombre croissant de sans-abri et de mendiants, ce qui montre que quelque chose ne va pas dans le capitalisme financier. Sans parler des situations dans les régions enregistrant des migrations massives et des inégalités grandissantes.  La solidarité a été perçue comme une réponse à l’accumulation, mais l’algorithme associé n’a pas encore été dessiné.

2. Pour mesurer si les objectifs ciblés ont été atteints nous avons analysé le trend en connectant les points (filling the dots) de la narrative financière.

Quelques données. Il a été estimé que les actifs liquides, à savoir les fonds disponibles à la recherche d’off-shore lucratives devraient représenter beaucoup plus (10 fois?) du produit intérieur brut (PIB) mondial, c’est-à-dire la valeur de tous les biens produits et services par 188 Pays, pour un montant de 80 683 787 millions de dollars. En outre, il a été estimé qu’au cours des dix dernières années, 3 milliards de de US $ ont été réinvestis dans des activités financières; autrement dit, les capitalistes ont maximisé la valeur de leurs actions. Quoi dire des banque Européennes qui, au lieu de financer l’économie, ont gardé les actives liquides auprès de la BCE et payé 0,5%!

Les contradictions des données ci-dessus réside dans le fait qu’il existe une demande énorme de la part des citoyens qui supplient des meilleures conditions de vie et des professionnels et entrepreneurs ayant besoin de capitaux pour démarrer des activités nouvelles et pour la croissance des entreprises existantes. Les paradoxes se sont cumulés avec l’aversion au risque des capitalistes. «Après dix ans de défaut de Lehman Brothers, le système financier a peu changé» (C. Lagarde, Présidente de la BCE et ancienne directrice du Fonds Monétaire International). Dernièrement, l’insatisfaction suscitée par les situations susmentionnées a trouvé des échos auprès les Parties Prenantes et des discussions ont été entamés: réunions annuelles du Groupe de la Banque mondiale et le document de la Commission européenne (Appel de la Commission Européenne.

 Pour inverser la situation, dans certains milieux il a été avancé l’idée de modifier les règles du jeu de la finance.

Nous sommes d’accord sur les actions multilatérales et sur “les conséquences du non-investissement affecteront tout le monde“, comme a été indiqué par un document récent de l’ONU, mais nous ne partagerons pas l’idée de “remodeler à la fois les niveaux national et international du système financier … .

A ce sujet il n’est pas question de nouvelles règles, mais s’interroger sur la véritable signification de l’inclusion financière, qui n’est pas le but, mais un moyen pour atteindre le développement inclusif, la durabilité étant le noyau central des investissements. Les expériences de la digitalisation des services ne sont pas encourageantes.

A notre avis, les Parties Prenantes ont changé les règles du jeu de la finance mais ils n’ont pas mis à jour la “boîte à outils” pour les atteindre et donc, reviens à eux-mêmes le devoir de réviser le comportement.

Pour atteindre les objectifs, l’approche basée sur l’expérience et la compétence doivent être actualisés à la lumière des nouvelles conditions du marché. En présence d’une aversion au risque, il faudrait en connaître les causes, agir en conséquence et partager le processus décisionnel avec les investisseurs (à suivre).

VERS UN NOUVEAU MODEL DE CROISSANCE

 

LA RICOSTRUZIONE ITALIANA VISTA DA UN ACCADEMICO E UN BANCHIERE –Unione Europea, Economia finanziaria e Economia reale

Alberto Q. Curzio la scorsa settimana ha commentato che con il ricorso alla BEI ci sarebbero le condizioni per riequilibrare l’economia finanziaria con l’economia reale e difatti finanziare gli investimenti con la BEI è cosa ben diversa che distribuire risorse con la procedura BCE: https://www.huffingtonpost.it/entry/la-soluzione-e-la-bei-ma-anche-quella-e-in-mano-tedesca_it_5e8c30fcc5b6e1a2e0f954e3?utm_hp_ref=it-homepage

In concomitanza, C. Messina – AD di Intesa SanPaolo – ha invitato gli imprenditori a riportare in patria quanto detenuto negli offshore e investirli: https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2020/04/07/news/messina_da_noi_50_miliardi_di_crediti_ma_le_imprese_forti_facciano_la_loro_parte_-253415523/?ref=RHPPLF-BH-I253383119-C8-P3-S2.4-T1

Va ricordato che a un recente incontro a Davos, è stato discusso il tema Better Capitalism. Il Capitalismo Migliore è una condizione necessaria ma non sufficiente perché l’orientamento sul come fare è accentrato nelle mani di pochi (Establishment finanziario), che prediligono l’economia finanziaria e non quella reale; perché? Nella dinamica della concessione del credito, il ROI è senza dubbio un fattore che fa la differenza, ma l’obiettivo ultimo (non dichiarato) del creditore è anche un altro: influenzare il comportamento del debitore attraverso la gestione del budget in quanto ogni decisione deve avere il benestare di chi ha erogato il credito: vedi istituzioni europee e nazionali. Da questo fatto nasce il predominio dell’economia finanziaria a cui non si vuole rinunciare perché conferisce il potere.

Ad ogni buon conto esiste un dato di fatto: l’algoritmo del capitalismo finanziario non ha funzionato perché ha prodotto affluenza virtuale e non ricchezza reale e pertanto è molto importante proporre un modello di sviluppo alternativo. Sicuramente, investire è importante, ma la questione fondamentale è: in che modo?

Il disegno del modello di sviluppo richiede:  – la revisione della narrativa finanziaria troppo uniformata agli standard dell’Establishment, applicando una cassetta degli attrezzi aggiornata ai cambiamenti; – fare investimenti sostenibili, obiettivo desiderato ma non perseguito anche per mancanza di partecipazione; – inoltre, c’è stato un problema di metodo e di consistenza. ** Il primo si riferisce all’omologazione della narrativa finanziaria, che è risultata acquiescente con le posizioni dominanti, unita all’inadeguatezza dello strumento per misurare lo sviluppo con scarsi indicatori qualitativi. ** Il secondo riguarda la debole determinazione a cambiare. Inoltre, il ruolo dominante della finanza si è verificato a danno della sostenibilità.

A nostro avviso, non occorre introdurre nuove regole del gioco – introdotte tra fine 2015 e inizio 2016 – ma un comportamento appropriato dei grandi giocatori, che continueranno la partita con le regole dell’Establishment Europeo e Internazionale, nel contesto di un modello di crescita passando dall’ECONOMIA BASATA SUL CREDITO ALL’ECONOMIA BASATA SULLE COLLETTIVITÀ.

Il modello già proposto cinque anni fa: FINANCIAL INCLUSION, Give people a job not a loan, https://www.amazon.co.uk/dp/B01ENJP37S?ref_=k4w_oembed_XABBfUDmCDeygV&tag=kpembed-20&linkCode=kpd   è stato di recente ampiamente illustrato nel libro THE THEORY OF CHANGE APPLIED TO FINANCE FOR DEVELOPMENT http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1252660/the-theory-of-change-applied-to-finance-for-development_1268103, che intendevamo distribuire gratuitamente quale contributo al dibattito in corso e ora disponibile al prezzo minimo suggerito dall’editore. Buona lettura, a chi ne ha voglia.

Cosa si può fare in concreto nella Fase 2 con le liquidità disponibili a livello europeo e domestico?

Anzitutto, L’opportunità del dopo Covid-19 va considerata in termini di crescita sostenibile e trasformazione dell’economia. La sfida è enorme in quanto si tratta non solo di aiutare chi non ha, ma anche coloro (imprenditori, commercianti e professionisti) che pur inclusi nei circuiti finanziari, hanno bisogno di un ampio accesso alle risorse per la ripresa. La questione che si pone è quindi quella di disegnare un modello di finanziamento per includere gli interventi nel quadro logico della lotta alla povertà, crescita sostenibile, partnership, sviluppo inclusivo.

E’ estremamente importante che aspirazioni, obiettivi e interessi delle comunità locali, imprenditori e gruppi sociali, vengano inclusi nel quadro logico di riferimento: quest’approccio sarebbe la vera novità.

Le due proposte sopra citate ancorché suggestive sono impraticabili; tuttavia è possibile progettare un futuro possibile operando nel contesto istituzionale e organizzativo attuale.

L’uso finalizzato dei fondi BEI e FEI potenziati e simmetrici alla BCE come pure l’uso dei capitali depositati all’estero e rimpatriati sono due approcci condivisibili ma allo stato dei fatti sembrano esercizi intellettuali: il primo – lungimirante – non è attuabile nella compiutezza perché, , a parte le diverse posizioni dei Paesi,  l’Establishment non rinuncerebbe al predominio dell’economia finanziaria da cui ha origine il potere; il secondo – pratico – richiede visione, coraggio e capacità, che certamente non difettano, ma richiedono volontà che sembra non esserci. Smentite in argomento sono augurabili per la ricostruzione del Paese.

Qualunque sia l’entità delle risorse che in vario modo saranno disponibili, il problema che si pone è come utilizzarle: le modalità, le finalità e la complementarità dell’uso faranno la differenza, come pure la posizione del settore privato a cui dovrebbe essere dato maggiore peso.

Prendiamo l’idea dell’AD di IntesaSanPaolo: come impiegare la liquidità dal rientro dei capitali e quella esistente che non è poca? Tra le varie opzioni potrebbe essere considerata la possibilità di dare vita in ogni Regione a un FONDO RICOSTRUZIONE gestito da privati investitori veramente impegnati a far ripartire il Paese: saranno loro a gestire le operazioni di finanziamento di nuove iniziative (start-up) e di quelle esistenti (growth-up): questa sarebbe la vera novità: capitalisti impegnati nello sviluppo delle comunità cui appartengono. Per l’incentivazione degli interventi potrebbero essere previste agevolazioni fiscali.

Le risorse europee (Mes e altri) disponibili andrebbero investite nelle infrastrutture e potenziamento dei servizi sociali, per un ambiente favorevole e ricettivo alle attività microeconomiche Inoltre, sarebbe opportuno includere nel processo decisionale anche altri Stakeholder – capitalisti privati, investitori, rappresentanze delle comunità locali – per meglio comprendere e rispondere alla domanda dell’economia reale, attraverso la creazione di posti di lavoro e la promozione delle opportunità.

Nelle nuove Board Rooms dove siederanno imprenditori, capitalisti, rappresentanti delle comunità, il processo decisionale sarà arricchito e mirato a investimenti che avranno sia un ritorno economico sia un ritorno d’immagine per avere attivato la crescita sostenibile.