Finalmente si è messa in moto una logica su cosa fare dopo Corona Virus, che esula dagli schemi abituali e che inevitabilmente dovrà prendere in considerazione la Ricostruzione e non la Ripartenza perché non si può costruire su fondamentali che non hanno retto. In precedenza, abbiamo commentato le ipotesi avanzate da Alberto Q. Curzio e C. Messina, la prima lungimirante ma al momento inattuabile, la seconda, pratica, ma basata modelli già sperimentati: https://ascaniograziosi.net/2020/04/14/la-ricostruzione-italiana-vista-da-un-accademico-e-un-banchiere-unione-europea-economia-finanziaria-e-economia-reale/.
Dopo l’accademico e il banchiere, il prof. Ricolfi e l’imprenditore O. Farinetti sono tornati sull’argomento, il primo suggerendo tre punti per scongiurare la società parassita di massa https://www.huffingtonpost.it/entry/tre-mosse-per-scongiurare-la-societa-parassita-di-massa-intervista-a-luca-ricolfi_it_5ec1a4c7c5b620d1445193d8?utm_hp_ref=it-homepage, il secondo ha sostenuto la necessità di rimettersi in gioco, tuti.
Finalmente ieri è entrato in campo la Confindustria che chiede una totale rifondazione: anche in questo caso i tempi per attuare il disegno strategico richiedono tempi dipendenti dal processo decisionale pubblico, mentre la risposta deve essere per il domani e non il dopo domani.
“Snellire la burocrazia, un taglio drastico, immediato e triennale delle tasse, saldare entro 30 giorni i debiti della Pa» (L. Ricolffi).
A nostro avviso occorre la quarta gamba perché il tavolo sia in equilibrio: il settore privato prende l’iniziativa e si fa carico di finanziare progetti sostenibili a livello locale, che sono la spina dorsale dell’economia del Paese. Come? Nel Blog a commento delle proposte dell’accademico e del banchiere, il 14 aprile scorso abbiamo proposto quanto segue: Cosa si può fare in concreto nella Fase 2 con le liquidità disponibili a livello europeo e domestico?
Anzitutto, L’opportunità del dopo Covid-19 va considerata in termini di crescita sostenibile e trasformazione dell’economia. La sfida è enorme in quanto si tratta non solo di aiutare chi non ha, ma anche coloro (imprenditori, commercianti e professionisti) che pur inclusi nei circuiti finanziari, hanno bisogno di un ampio accesso alle risorse per la ripresa. La questione che si pone è quindi quella di disegnare un modello di finanziamento per includere gli interventi nel quadro logico della lotta alla povertà, crescita sostenibile, partnership, sviluppo inclusivo. È estremamente importante che aspirazioni, obiettivi e interessi delle comunità locali, imprenditori e gruppi sociali, vengano inclusi nel quadro logico di riferimento: quest’approccio sarebbe la vera novità.
Le due proposte sopra citate ancorché suggestive sono impraticabili; tuttavia è possibile progettare un futuro possibile operando nel contesto istituzionale e organizzativo attuale.
L’uso finalizzato dei fondi BEI e FEI potenziati e simmetrici alla BCE come pure l’uso dei capitali depositati all’estero e rimpatriati sono due approcci condivisibili ma allo stato dei fatti sembrano esercizi intellettuali: il primo – lungimirante – non è attuabile nella compiutezza perché, , a parte le diverse posizioni dei Paesi, l’Establishment non rinuncerebbe al predominio dell’economia finanziaria da cui ha origine il potere; il secondo – pratico – richiede visione, coraggio e capacità, che certamente non difettano, ma richiedono volontà che sembra non esserci. Smentite in argomento sono augurabili per la ricostruzione del Paese.
Qualunque sia l’entità delle risorse che in vario modo saranno disponibili, il problema che si pone è come utilizzarle: le modalità, le finalità e la complementarità dell’uso faranno la differenza, come pure la posizione del settore privato a cui dovrebbe essere dato maggiore peso.
Prendiamo l’idea dell’AD di Intesa Sanpaolo: come impiegare la liquidità dal rientro dei capitali e quella esistente che non è poca? Tra le varie opzioni potrebbe essere considerata la possibilità di dare vita in ogni Regione a un FONDO RICOSTRUZIONE gestito da privati investitori veramente impegnati a far ripartire il Paese: saranno loro a gestire le operazioni di finanziamento di nuove iniziative (start-up) e di quelle esistenti (growth-up): questa sarebbe la vera novità: capitalisti impegnati nello sviluppo delle comunità cui appartengono. Per l’incentivazione degli interventi potrebbero essere previste agevolazioni fiscali.
Le risorse europee (Mese e altri) disponibili andrebbero investite nelle infrastrutture e potenziamento dei servizi sociali, per un ambiente favorevole e ricettivo alle attività microeconomiche. Inoltre, sarebbe opportuno includere nel processo decisionale anche altri Stakeholder – capitalisti privati, investitori, rappresentanze delle comunità locali – per meglio comprendere e rispondere alla domanda dell’economia reale, attraverso la creazione di posti di lavoro e la promozione delle opportunità.
Nelle nuove Board Rooms dove siederanno imprenditori, capitalisti, rappresentanti delle comunità, il processo decisionale sarà arricchito e mirato a investimenti che avranno sia un ritorno sia economico sia d’immagine per avere attivato la crescita sostenibile.
In sostanza, il capitale privato dovrebbe investire nell’imprenditoria piccola e media sia nell’area start-up che growth-up.