Negli scenari elaborati per la ricostruzione dopo il Covid19 c’è un grande assente nel disegno: la riorganizzazione della filiera finanziaria, tema che non risulta elaborato anche nell’informato articolo apparso il 12/05 su Business Insider https://it.businessinsider.com/scenari-post-covid-tra-necessita-di-una-politica-industriale-europea-e-la-riorganizzazione-delle-catene-mondiali-del-valore/
Il fatto è sorprendente per due aspetti opposti: positivo e negativo. Il primo si riferisce all’importanza della leva finanziaria nel finanziamento delle attività produttive in quanto agisce come lubrificante del motore: se è di qualità scarsa o addirittura assente, il motore si ferma. Questa circostanza dimostra che includere l’elemento finanza nel quadro logico è nei fatti che opportunamente approfonditi mostrerebbero che la leva ha funzionato male. Ma l’approfondimento non c’é stato; perché? La risposta va trovata nell’aspetto negativo, cioè nel ricorrere della circostanza che la narrazione finanziaria è omologata agli standard della finanza, per cui le analisi sull’impatto degli interventi sono acquiescenti al potere dominante, che emana i cambiamenti e nel contempo ne interpreta l’effetto, poi giustificato in ossequio a quanto detto dalle varie fonti collegate direttamente o indirettamente all’establishment.
Il contesto internazionale. La filiera finanziaria pertanto è praticamente rappresentata da un attore unico che si avvale di Società e Enti di finanziamento per gli interventi sul terreno (esempio: Banca Mondiale e IFC). Al riguardo va notato che la componente finanziaria dell’economia ancorché importante non è una costante dell’equazione dello sviluppo, ma va modulata in riferimento ai casi.
Come è noto, l’Establishment finanziario internazionale tra fine 2015 e inizio 2016 ha introdotto nuove regole del gioco codificate nell’Agenda 2030 ONU e altri Grandi Attori; in sostanza viene affermato il valore della sostenibilità degli interventi unitamente al coinvolgimento crescente del settore privato dando rilievo alla crescita inclusiva.
È da notare però che al cambiamento delle regole non ha fatto seguito la revisione del comportamento dei giocatori, circostanza che ha determinato la dissociazione tra obiettivi e risultati: i primi desiderati ma non propriamente perseguiti; i secondi, valutati in ossequio alle dichiarazioni, degli stessi Attori tramite le varie house organ dell’establishment (Banca Mondiale-CGAP), Influencers /Executives/ Insiders, che danno l’“interpretazione autentica dell’impatto”.
Ad ogni buon conto esiste un dato di fatto: l’algoritmo del capitalismo finanziario non ha funzionato e pertanto è imprescindibile proporre un modello di sviluppo alternativo. Sicuramente, investire è importante, ma la questione fondamentale è: chi investe che cosa e in che modo? Certamente, a nostro avviso, NON con la finanziarizzazione che ha generato affluenza virtuale invece di produrre ricchezza reale.
L’opportunità del dopo Covid-19 va considerata in termini di crescita sostenibile e trasformazione dell’economia. La sfida è enorme in quanto si tratta non solo di aiutare chi non ha, ma anche coloro (imprenditori, commercianti e professionisti) che pur inclusi nei circuiti finanziari, hanno bisogno di un ampio accesso alle risorse per la ripresa. La questione che si pone è quindi quella di disegnare un modello di finanziamento per includere gli interventi nel quadro logico della lotta alla povertà, crescita sostenibile, partnership, sviluppo inclusivo.
È fondamentale che aspirazioni, obiettivi e interessi delle comunità locali, imprenditori e gruppi sociali, vengano inclusi nel quadro logico di riferimento: quest’approccio sarebbe la vera novità.
Il disegno del modello di sviluppo richiede: – la revisione della narrativa finanziaria (vedi Figura fondo pagina) applicando una cassetta degli attrezzi aggiornata ai cambiamenti; – fare investimenti sostenibili, obiettivo insufficientemente perseguito anche per mancanza di metodo e di consistenza. ** Il primo si riferisce all’omologazione della narrativa finanziaria, unita all’inadeguatezza dello strumento per misurare lo sviluppo con scarsi indicatori qualitativi. ** Il secondo riguarda la debole determinazione a cambiare. Inoltre, il ruolo dominante della finanza si è verificato a danno della sostenibilità.
Non occorre introdurre nuove regole del gioco, ma un comportamento appropriato dei giocatori, che continueranno la partita con le carte distribuite dall’Establishment Europeo e Internazionale, nel contesto di un modello di crescita passando dall’ECONOMIA BASATA SUL CREDITO ALL’ECONOMIA BASATA SULLE COLLETTIVITÀ, già proposto cinque anni e di seguito riassunto in poche righe:
- Ridisegnare l’architettura degli interventi a favore della povertà che comprende non solo chi è emarginato, ma anche coloro che pur essendo inclusi (piccola e media imprenditoria) nei circuiti finanziari domandano un ampio accesso alle risorse;
- Avere investitori privati realmente coinvolti nelle azioni di sviluppo sia partecipando ai processi decisionali (Board Room) sia con loro proprie iniziative (Fondo rischi);
- Usare la leva finanziaria for progetti sostenibili;
- Digitalizzare i servizi con prodotti sostenibili per il Fornitore, accettabili dall’Acquirente a un prezzo trasparente;
- Coniugare insieme tre maggiori obiettivi dell’agenda ONU: Povertà, Sviluppo sostenibile, Partnership.
Il caso Italia. Cosa si può fare in concreto nella Fase 2 con le liquidità disponibili a livello europeo e domestico? Noi pensiamo che sia possibile progettare un futuro possibile operando nel contesto istituzionale e organizzativo attuale che, peraltro, è privo di un disegno strategico.
L’uso finalizzato dei fondi BEI e FEI potenziati e simmetrici alla BCE come pure l’uso dei capitali depositati all’estero e rimpatriati ( https://ascaniograziosi.net/2020/04/14/la-ricostruzione-italiana-vista-da-un-accademico-e-un-banchiere-unione-europea-economia-finanziaria-e-economia-reale/) sono due approcci condivisibili ma allo stato dei fatti sembrano esercizi con scarsa rilevanza pratica: il primo – lungimirante – non è attuabile nella compiutezza perché, a parte le diverse posizioni dei Paesi, l’Establishment non rinuncerebbe al predominio dell’economia finanziaria da cui ha origine il potere; il secondo anche se concreto richiede visione, coraggio e capacità, che certamente non difettano, ma richiedono volontà che sembra non esserci, al momento.
Qualunque sia l’entità delle risorse che in vario modo saranno disponibili, il problema che si pone è come utilizzarle: le modalità, le finalità e la complementarità dell’uso faranno la differenza, come pure la posizione del settore privato a cui dovrebbe essere dato maggiore peso.
Prendiamo l’idea dell’AD di IntesaSanPaolo: come impiegare la liquidità dal rientro dei capitali e quella esistente che non è poca? Tra le varie opzioni potrebbe essere considerata la possibilità di dare vita in ogni Regione a un FONDO RICOSTRUZIONE gestito da privati investitori veramente impegnati a far ripartire il Paese: saranno loro a gestire le operazioni di finanziamento di nuove iniziative (start-up) e di quelle esistenti (growth-up): questa sarebbe la vera novità: capitalisti impegnati nello sviluppo delle comunità cui appartengono. Per l’incentivazione degli interventi potrebbero essere previste agevolazioni fiscali.
Le risorse europee (Mes e altri) disponibili andrebbero investite nelle infrastrutture e potenziamento dei servizi sociali, per un ambiente favorevole e ricettivo alle attività microeconomiche. Inoltre, sarebbe opportuno includere nel processo decisionale anche altri Stakeholder – capitalisti privati, investitori, rappresentanze delle comunità locali – per meglio comprendere e rispondere alla domanda dell’economia reale, attraverso la creazione di posti di lavoro e la promozione delle opportunità.
Nelle rinnovate Board Rooms siederanno imprenditori, capitalisti, rappresentanti delle comunità locali, il processo decisionale sarà arricchito e mirato a investimenti che avranno un ritorno sia economico sia d’immagine per avere attivato la crescita delle comunità.

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