Alberto Q. Curzio la scorsa settimana ha commentato che con il ricorso alla BEI ci sarebbero le condizioni per riequilibrare l’economia finanziaria con l’economia reale e difatti finanziare gli investimenti con la BEI è cosa ben diversa che distribuire risorse con la procedura BCE: https://www.huffingtonpost.it/entry/la-soluzione-e-la-bei-ma-anche-quella-e-in-mano-tedesca_it_5e8c30fcc5b6e1a2e0f954e3?utm_hp_ref=it-homepage
In concomitanza, C. Messina – AD di Intesa SanPaolo – ha invitato gli imprenditori a riportare in patria quanto detenuto negli offshore e investirli: https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2020/04/07/news/messina_da_noi_50_miliardi_di_crediti_ma_le_imprese_forti_facciano_la_loro_parte_-253415523/?ref=RHPPLF-BH-I253383119-C8-P3-S2.4-T1
Va ricordato che a un recente incontro a Davos, è stato discusso il tema Better Capitalism. Il Capitalismo Migliore è una condizione necessaria ma non sufficiente perché l’orientamento sul come fare è accentrato nelle mani di pochi (Establishment finanziario), che prediligono l’economia finanziaria e non quella reale; perché? Nella dinamica della concessione del credito, il ROI è senza dubbio un fattore che fa la differenza, ma l’obiettivo ultimo (non dichiarato) del creditore è anche un altro: influenzare il comportamento del debitore attraverso la gestione del budget in quanto ogni decisione deve avere il benestare di chi ha erogato il credito: vedi istituzioni europee e nazionali. Da questo fatto nasce il predominio dell’economia finanziaria a cui non si vuole rinunciare perché conferisce il potere.
Ad ogni buon conto esiste un dato di fatto: l’algoritmo del capitalismo finanziario non ha funzionato perché ha prodotto affluenza virtuale e non ricchezza reale e pertanto è molto importante proporre un modello di sviluppo alternativo. Sicuramente, investire è importante, ma la questione fondamentale è: in che modo?
Il disegno del modello di sviluppo richiede: – la revisione della narrativa finanziaria troppo uniformata agli standard dell’Establishment, applicando una cassetta degli attrezzi aggiornata ai cambiamenti; – fare investimenti sostenibili, obiettivo desiderato ma non perseguito anche per mancanza di partecipazione; – inoltre, c’è stato un problema di metodo e di consistenza. ** Il primo si riferisce all’omologazione della narrativa finanziaria, che è risultata acquiescente con le posizioni dominanti, unita all’inadeguatezza dello strumento per misurare lo sviluppo con scarsi indicatori qualitativi. ** Il secondo riguarda la debole determinazione a cambiare. Inoltre, il ruolo dominante della finanza si è verificato a danno della sostenibilità.
A nostro avviso, non occorre introdurre nuove regole del gioco – introdotte tra fine 2015 e inizio 2016 – ma un comportamento appropriato dei grandi giocatori, che continueranno la partita con le regole dell’Establishment Europeo e Internazionale, nel contesto di un modello di crescita passando dall’ECONOMIA BASATA SUL CREDITO ALL’ECONOMIA BASATA SULLE COLLETTIVITÀ.
Il modello già proposto cinque anni fa: FINANCIAL INCLUSION, Give people a job not a loan, https://www.amazon.co.uk/dp/B01ENJP37S?ref_=k4w_oembed_XABBfUDmCDeygV&tag=kpembed-20&linkCode=kpd è stato di recente ampiamente illustrato nel libro THE THEORY OF CHANGE APPLIED TO FINANCE FOR DEVELOPMENT http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1252660/the-theory-of-change-applied-to-finance-for-development_1268103, che intendevamo distribuire gratuitamente quale contributo al dibattito in corso e ora disponibile al prezzo minimo suggerito dall’editore. Buona lettura, a chi ne ha voglia.
Cosa si può fare in concreto nella Fase 2 con le liquidità disponibili a livello europeo e domestico?
Anzitutto, L’opportunità del dopo Covid-19 va considerata in termini di crescita sostenibile e trasformazione dell’economia. La sfida è enorme in quanto si tratta non solo di aiutare chi non ha, ma anche coloro (imprenditori, commercianti e professionisti) che pur inclusi nei circuiti finanziari, hanno bisogno di un ampio accesso alle risorse per la ripresa. La questione che si pone è quindi quella di disegnare un modello di finanziamento per includere gli interventi nel quadro logico della lotta alla povertà, crescita sostenibile, partnership, sviluppo inclusivo.
E’ estremamente importante che aspirazioni, obiettivi e interessi delle comunità locali, imprenditori e gruppi sociali, vengano inclusi nel quadro logico di riferimento: quest’approccio sarebbe la vera novità.
Le due proposte sopra citate ancorché suggestive sono impraticabili; tuttavia è possibile progettare un futuro possibile operando nel contesto istituzionale e organizzativo attuale.
L’uso finalizzato dei fondi BEI e FEI potenziati e simmetrici alla BCE come pure l’uso dei capitali depositati all’estero e rimpatriati sono due approcci condivisibili ma allo stato dei fatti sembrano esercizi intellettuali: il primo – lungimirante – non è attuabile nella compiutezza perché, , a parte le diverse posizioni dei Paesi, l’Establishment non rinuncerebbe al predominio dell’economia finanziaria da cui ha origine il potere; il secondo – pratico – richiede visione, coraggio e capacità, che certamente non difettano, ma richiedono volontà che sembra non esserci. Smentite in argomento sono augurabili per la ricostruzione del Paese.
Qualunque sia l’entità delle risorse che in vario modo saranno disponibili, il problema che si pone è come utilizzarle: le modalità, le finalità e la complementarità dell’uso faranno la differenza, come pure la posizione del settore privato a cui dovrebbe essere dato maggiore peso.
Prendiamo l’idea dell’AD di IntesaSanPaolo: come impiegare la liquidità dal rientro dei capitali e quella esistente che non è poca? Tra le varie opzioni potrebbe essere considerata la possibilità di dare vita in ogni Regione a un FONDO RICOSTRUZIONE gestito da privati investitori veramente impegnati a far ripartire il Paese: saranno loro a gestire le operazioni di finanziamento di nuove iniziative (start-up) e di quelle esistenti (growth-up): questa sarebbe la vera novità: capitalisti impegnati nello sviluppo delle comunità cui appartengono. Per l’incentivazione degli interventi potrebbero essere previste agevolazioni fiscali.
Le risorse europee (Mes e altri) disponibili andrebbero investite nelle infrastrutture e potenziamento dei servizi sociali, per un ambiente favorevole e ricettivo alle attività microeconomiche. Inoltre, sarebbe opportuno includere nel processo decisionale anche altri Stakeholder – capitalisti privati, investitori, rappresentanze delle comunità locali – per meglio comprendere e rispondere alla domanda dell’economia reale, attraverso la creazione di posti di lavoro e la promozione delle opportunità.
Nelle nuove Board Rooms dove siederanno imprenditori, capitalisti, rappresentanti delle comunità, il processo decisionale sarà arricchito e mirato a investimenti che avranno sia un ritorno economico sia un ritorno d’immagine per avere attivato la crescita sostenibile.