Questo pomeriggio abbiamo visto in diretta da Londra l’inaugurazione del “Ponte”.
E’ dal tempo dei Romani che costruiamo ponti in Italia e nel mondo. Il Ponte inaugurato a Genova è emblematico della situazione paradossale del Paese. Ci ricorda il ponte costruito il secolo scorso come emblema della ricostruzione post-bellica, poi divenuto l’immagine del degrado del Paese che non ha voluto continuare nell’opera di consolidamento dell’acquisito.
Il giornale NY Times dice che l’Italia è il Paese che ha saputo fare meglio degli USA nella gestione della Pandemia … . e da noi i mediocri si tolgono spavaldamente la mascherina.
Oggi l’inaugurazione del Ponte S. Giorgio costruito con tempistica impensabile e con stile tutto italiano ritorna ad essere l’immagine di quello che potremmo fare quando diamo spazio alle eccellenze e abbandoniamo le mediocrità. È un ritorno al passato che ci proietta nel futuro nella misura in cui saremmo capaci di ricostruire il tessuto economico-sociale.
È paradossale che in periodi di turbolenza non venga utilizzata la teoria del cambiamento per capire i mutamenti intervenuti. Noi lo abbiamo fatto con una ricerca pubblicata la vigilia dello scoppio della Pandemia e che torna attuale nell’attuale fase di ricostruzione. A volte succede! Anche se in questo caso la circostanza non è casuale perché la ricerca è sta condotta per investigare i paradossi dell’economia finanziaria. Gli esclusi e gli stessi inclusi nei circuiti finanziari non accettano la condizione di esclusione e d’insoddisfazione , i primi non più disposti all’emarginazione, i secondi (professionisti, imprenditori, lavoratori e tutti quelli della catena produttiva.) portatori di una domanda insoddisfatta, chiedono una riflessione sugli errori del passato, prendendo a prestito le parole pronunciate recentemente dal Presidente Mattarella.
Un primo passo dovrebbe essere fatto dai Media con una valutazione dell’impatto dei cambiamenti per mezzo della narrativa finanziaria neutrale e non omologata agli standard dell’Establishment.
Certamente bisogna riscrivere la narrazione finanziaria per misurare l’effettivo impatto dei cambiamenti introdotti nei passati quattro decenni in cui il potere dominante della finanza è culminato nella financializzazione dell’economia che ha prodotto affluenza virtuale invece di ricchezza reale.
Nell’assenza di una valutazione neutrale dell’impatto, le proposte presentate per il Post-Coronavirus hanno assunto la situazione prima della crisi sanitaria come tipica e accettabile, circostanza che non risponde alla realtà dei fatti.
Nella programmazione del dopo Covid-19 dovrebbe essere assunto che la crisi pandemica è esplosa nel mezzo della crisi del capitalismo finanziario. Pertanto, senza affrontare il problema del fallimento di quest’ultimo, non potrà essere data una risposta che sia all’altezza della situazione.
La Figura riprodotta visualizza il trend economico-finanziario narrato. Risulta che l’impatto dei cambiamenti non è stato quello atteso, circostanza che dovrebbe far ripensare l’algoritmo finanziario e progettare nuovi fondamentali della finanza per lo sviluppo. La teoria del cambiamento potrebbe essere di aiuto a interpretare la situazione attuale e per stimare ex-ante il probabile impatto degli interventi programmati. Questo metodo di lavoro richiede la reinterpretazione dello stato in essere, ma non ci risulta sia stato utilizzato nelle proposte sul dopo Coronavirus.

In sostanza, i grandi Attori della Finanza dovrebbero rivedere il comportamento nell’uso della leva finanziaria. La sfida è difficile, ma non impossibile.